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L’AC dono dello spirito alla Chiesa

S.E. Mons. Francesco LAMBIASI

III Incontro continentale africano
IL FUTURO DEL CRISTIANESIMO IN AFRICA E NEL MONDO. Azione Cattolica in Africa, prendi il largo, guarda al futuro con coraggio! •UGANDA - Lugazi, 5-9 agosto 2006

Vorrei scandire questo mio intervento in tre passaggi, che formulo per chiarezza in forma di tesi, le enuncio e poi le riprendero’, soffermandomi sull’ultima che riguarda piu’ da vicino l’AC e quindi ci interessa piu’ direttamente:

  • la storia del cristianesimo e’ appena agli inizi
  • il nostro e’ un tempo porprio per l’evangelizzazione
  • l’AC e’ un carisma necessario e insostituibile

Poiche’ si tratta di affermazioni non ovvie in quanto non evidenti, tentero’ di volta in volta di dimostrarne la plausibilita’.

Prima di iniziare devo ancora premettere che provenendo dall’Europa occidentale, non posso non riflettere quel contesto culturale e pastorale.
Ritengo pero’ che, fatte le debite distinzioni e salvo migliore giudizio, la sostanza del discorso dovrebbe valere anche nella situazione dell’Africa che qui rappresentate o almeno aprire un dibattito su cui porterete i vostri contributi.

Fin dall’inizio del mio intervento colgo anche l’occasione per ringraziare  con voi il Signore, per questa occasione di incontro, lo faccio in particolare ora  come Assistente del FIAC lieto di poter incontrare ciascuno di voi, in particolare questa Chiesa di Lugazi  e dell’Uganda.

 1. La storia della Cristianesimo e’ appena agli inizi

Duemila anni di storia sembrano tanti, ma lo sono davvero?

Gia’ nell’enciclica Redemptoris Missio il Papa aveva osato affermare che “dopo duemila anni l’evangelizzazione e’ tutt’altro che compiuta” (RM 1) e ha ripetuto nella Novo Millennio Ineunte che “il mandato missionario ci introduce nel nuovo millennio invitandoci allo steso entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora, … il nostro passo deve farsi piu’ spedito nel ripercorrere le strade del mondo (NMI 58)

Sappiamo che all’inizio del III Millennio il passo dei credenti non e’ stanco e non si e’affatto arrestato.
In effetti, che cosa sono duemila anni rispetto ai miliardi e milioni di anni dall’origine della terra e dell’intero universo?

Ma c’e’ un altro motivo ben piu’ profondo che ci fa considerare – noi della nostra generazione – non alla fine, ma all’ inizio del cristianesimo, ed e’ la grazia dello Spirito Santo: infatti il giorno di Pentecoste il cristianesimo e’ nato giovane e da quel giorno e’ destinato a rimanere perennemente giovane.

La Pentecoste non e’ una corrente intermittente: e’ una tensione pemanente anzi crescente: pertanto grazie allo Spirito del  Signore risorto il cristianesimo non fa che ricominciare e la Chiesa rinasce non solo di epoca in epoca, ma di giorno in giorno. Lamemoria Iesu che il Signore ci ha comandato di celebrare nella Santa Messa non e’ ne’ una nostalgia sentimentale o puramente commemorativa, ne’ una ipotetica   archeologia.

Ma c’e’ una terza ragione che ci fa ritenere come i fortunati spettatari – anzi attori – di un nuovo inizio del cristianesimo, o come diceva il beato Giovanni XXIII, di una nuova primavera.
E’ una ragione drammatica: nel secolo appena trascorso la Chiesa ha conosciuto il martirio di un numero enorme di suoi figli e figlie. Mai come nel ‘900 si sono registrate tante persecuzioni e tanti martiri.
Sembra anzi che ci siano stati piu’ martiri nel secolo XX che in tutti i 19 secoli precedenti! Una schiera cosi’ innumerevole di martiri non dice solo la ferocia di regimi totalitari ed oppressivi, dice innanzitutto la fedelta’ eroica di cristiani che hanno preferito morire anziche’ rinnegare la  fede, e questa fedelta’ e’ la ragione piu’ sicura della fecondita’ e vitalita’ del cristianesimo, secondo il celebre detto di Tertulliano: “il sangue dei martiri e’ seme di cristiani”

 2. Il nostro e’ un tempo particolarmente propizio per l’evangelizzazione.

Teniamo come punto di riferimento l’anno 2000. La preparazione del Grande Giubileo offrì a Giovanni Paolo II una riflessione sull’evangelizzazione nella TMA dai primi secoli all’oggi che ci chiede di assumere con responsabilità l’impegno che gli apostoli ricevettero da Gesù.

“sin dai tempi apostolici, continua senza interruzione la missione della Chiesa all’interno della universale famiglia umana. La prima evangelizzazione interessò soprattutto la regione del Mediterraneo. Nel corso del primo millennio le missioni, partendo da Roma e da Costantinopoli, portarono il cristianesimo nell’intero continente europeo. Contemporaneamente esse si diressero verso il cuore dell’Asia, fino all’India ed alla Cina. La fine del XV secolo, insieme con la scoperta dell’America, segnò l’inizio dell’evangelizzazione in quel grande continente, al sud e al nord. Nello stesso tempo, mentre le coste sub-sahariane dell’Africa accoglievano la luce di Cristo, san Francesco Saverio, patrono delle missioni, giungeva fino al Giappone. A cavallo dei secoli XVIII e XIX, un laico, Andrea Kim, recò il cristianesimo in Corea; in quella stessa epoca l’annuncio evangelico raggiunse la Penisola indocinese, come pure l’Australia e le isole del Pacifico. Il XIX secolo ha registrato una grande attività missionaria tra i popoli dell’Africa. Tutte queste opere hanno dato frutti che perdurano fino ad oggi” (TMA 57)

il nostro”oggi” ha visto una tappa fondamentale nel CEVII, una  “sicura bussola” per il III millennio che Benedetto XVI ha richiamato nel suo primo messaggio il 16 aprile 2005

Col Grande Giubileo essa si è introdotta nel nuovo millennio recando nelle mani il Vangelo, applicato al mondo attuale attraverso l’autorevole rilettura del Concilio Vaticano II. Giustamente il Papa Giovanni Paolo II ha indicato il Concilio quale “bussola” con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 57-58). Anche nel suo Testamento spirituale egli annotava: “Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito” (17.III.2000).

Anch’io, pertanto, nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei Predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa. Ricorrerà proprio quest’anno il 40.mo anniversario della conclusione dell’Assise conciliare (8 dicembre 1965). Col passare degli anni, i Documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata.

Se guardiamo anche alle statistiche offerte dall’Agenzia FIDES nell’ottobre 2005, vediamo che la Chiesa percorre le vie dell’annuncio e della missione in tutti i continenti

dall’«Annuario Statistico della Chiesa» al 31 dicembre 2003 la popolazione mondiale era di 6.301.377.000 persone, con un aumento di 79.483.000 unità rispetto all’anno precedente. L’aumento globale viene così ripartito per continenti: Africa +20.042.000; America +8.424.000; Asia +45.205.000; Europa +4.954.000; Oceania +858.000.
Alla stessa data il numero dei cattolici era pari a 1.085.557.000 con un aumento di 15.242.000 unità rispetto all’anno precedente, così ripartito per continenti: Africa +6.231.000; America +6.678.000; Asia +2.434.000; Oceania +113.000. L’unica diminuzione, anche quest’anno, si registra in Europa con -214.000.
La percentuale dei cattolici è aumentata globalmente dello 0,3% attestandosi al 17,23%. Riguardo ai continenti si sono registrate le seguenti variazioni: aumenti in Africa +0,34; America +0,17; Asia + 0,03; diminuzioni in Europa –0,31 e Oceania -0,37.

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il richiamo al Concilio, al Magistero  come anche ai dati esige dunque un grande impegno per l’evangelizzazione nei diversi contesti del pianeta

Sappiamo che l’Europa offre molti areopaghi per l’annuncio.
Il prolungato dibattito sulla modernita’ e sui suoi esiti e’ talmente ampio e complesso da impedire valutazioni precise, il termine postmoderno rivela tutta la sua ambiguita’ sospeso com’e’ tra l’idea di un suo superamento e quella di una sua accelerazione ed esasperazione.
Si tratta di focalizzare la riflessione sugli aspetti dell’epoca contemporanea che sono piu’ importanti per la discussione del futuro dell’uomo.

Il ciclo della modernita’, che ha puntato prima sulla scienza e poi sulla política per realizzare una societa’ razionale e perfetta e ha creato il mito dell’avvenire e del progresso, e’ arrivato alla fine negli anni 60. In quel mondo il lavoro era l’elemento essenziale della realizzazione di se’. Nietzsche diceva: “Le grandi rivoluzioni avanzano con passi di colomba”: un po’ alla volta, nel corso degli anni 70 grandi valori come lavoro, progresso, ragione hanno perso di interesse per i giovani e sono stati sostituiti da edonismo, culto del corpo, attenzione alla sessualita’. Lo scivolamento dai valori moderni e’ stato meno lento, ma inarrestabile: oggi le grandi parole non sono piu’ progresso, ma presente, non piu’ lavoro, ma piacere, non piu’ ragione, ma emozione, … Persa l’eternita’, si e’ allungata la vita: se e’ vero che ogni epoca ha bisogno di un mito, oggi il mito non e’ Prometeo, ma Narciso, Pinocchio, l’eterno fanciullo, il nomade o il vagabondo.

La risposta della Chiesa e’ sempre l’annuncio, la nuova evangelizzazione, come il Papa l’ha chiamata fin dal 1979, a Puebla e poi in Europa, in Africa, in Asia, … percorrendo infaticabile “la” via dell’uomo del nostro tempo, uomo che e’ via della Chiesa come Giovanni Paolo lo definì nella sua prima encíclica Redemptor Hominis o, come dice Benedetto XVI nella Deus Caritas est: incontrando Dio nel prossimo (18):

” Solo  la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama. I santi — pensiamo ad esempio alla beata Teresa di Calcutta — hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal loro incontro col Signore eucaristico e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri. Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi però vivono dell’amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo. Così non si tratta più di un « comandamento » dall’esterno che ci impone l’impossibile, bensì di un’esperienza dell’amore donata dall’interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri. L’amore cresce attraverso l’amore. L’amore è « divino » perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia « tutto in tutti » (1 Cor 15, 28).

La prima carita’ che anche oggi la Chiesa deve al mondo e’ la via della carita’ del vangelo, la carita’ della buona notizia che Dio e’ amore. Questo e’ il vangelo della carita’: non siamo stati noi ad amare Dio.. e’ lui che ci ha amati per primo (1Gv. 4.10.19). Non si tratta di dire che cosa e’ il mondo, ma che cosa e’ Dio, o che cosa e’ il mondo alla luce di Dio.

Se il rischio e’ quello di ridurre il vangelo a dottrina, di insegnarlo prima che raccontarlo con la testimonianza, di trasformarlo in una serie di precetti staccati dalla vita, … occorre ritornare sempre all’essenziale: la storia dell’esistenza umana di Gesu’ Cristo, come esistenza felice: felice perche’ beata e perche’ riuscita. Ma come si puo’ proporre di vivere l’esistenza come l’ha vissuta Gesu’ senza la testimonianza della santita’?

 3. L’AC e’ un carisma necessario e insostituibile

3.1 la natura/identita’ carismatica dell’AC

La parola carisma non e’ eccessiva per l’AC, il Papa l’ha usata nel suo messaggio all’Assemblea straordinaria dell’ACI, l’8 settembre us.

“La vostra storia ha avuto inzio da un carisma e cioe’ da un particolare dono dello Spirito del Risorto, il quale non fa mai mancare alla sua Chiesa i talenti e le risorse di grazia di cui i fedeli hanno bisogno per servire la causa el vangelo. Ripensate carissimi, con umile fiereza e con intima gioia il carisma del’AC’ “

Questa parola non e’ nuova nel linguaggio di Giovanni Paolo II che si era gia’ servito del sinonimo “dono dello Spirito” riferendosi alla lettera della Conferenza episcopale italiana all’ACI quando dice:” L’AC non e’ un’aggregazione ecclesiale tra le altre, ma undono di Dio ed una risorsa per l’incremento della comunione ecclesiale”.

A fare dell’AC un carisma e’ la sua storia, la sua identita’ e la missione che le viene affidata.

La storia nell’epoca moderna comincia con la straordinaria avventura  dello Spirito iniziata in Italia con Mario Fani e Giovanni Acquaderni, oltre 130 anni fa.
CI piace pensare che in ogni epoca dai tempi della prima comunità cristiana i laici come Aquila e Priscilla, come i tanti collaboratori degli apostoli abbiano contribuido come pietre vive all’ edificazione della Chiesa e atutta la sua missione.

Ma la storia dell’AC e’ carismatica anche perche’ e’ stata una storia di santita’, come si puo’ vedere dalla vita dei tanti santi e beati, dai santi messicani da santa Gianna Beretta Molla ai beati Pier Giorgio Frassati, , i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, fino al beato messicano Anacleto , il Gandhi mexicano ma anche – afferma il Papa – “di tanti e tanti altri che hanno vissuto con straordinaria normalita’ una  fedelta’ eroica alle promesse battesimali” (2).

L’autenticazione di questo carisma e’ venuta dalla Gerarchia con riconoscimenti espliciti che vediamo nel COnconcilio Ecumenico vaticano II : LG 33, Ad G 15, ChD 17 fino ad accogliere l’AC, come ha fatto la CE Italiana, come “associazione scelta in modo particolare e promossa dall’autorita’ eclesiastica per essere piu’ strettamente unita al suo ufficio apostolico” (Nota CEI, 22 maggio 1981, 25)

3.2. Le caratteristiche del carisma dell’AC

Non e’ pero’ solo la storia a giustificare il riconoscimento della natura carismatica dell’AC: e’ la sua identita’ viva ed attuale.

Si tratta di un carisma che ha avuto la sua descrizione più compiuta nel Decreto conciliare sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem on le 4 note che la definiscono: ecclesialità, laicità, organicità, collaborazione con la Gerarchia (n. 20), nella Lumen Gentium 33 quando si collega l’AC ai laici collaboratori dell’apostolo Paolo, poi e’ seguito un ricco magistero di Paolo VI e di Giovanni Paolo II :

Giovanni Paolo II ha ripresentato l’identità dell’AC in un discorso in occasione dell’l’Assemblea straordinaria dell’ACI, l’8 settembre 2003

la prima nota e’ la missionarieta’: “ Voi siete laici cristiani esperti nella splendida avventura di far incontrare il vangelo con la vita e di mosrare quanto la “bella notizia” corrisponda alle domande piu’ profonde del cuore di ogni persona e sia luce piu’ alta e piu’ vera che possa orientare la societa’ nella costruzione della “civilta’ dell’amore”.
Dunque l’AC esiste per l’evangelizzazione. In questo senso l’AC e’ nativamente estroversa: essa e’ nata camminando, vive evangelizzando e, se si ferma, rischia di morire.
L’AC percio’ non puo’ limitarsi a conservare la fede, e nemmeno a difenderla, o meglio, difende la fede solo se la diffonde.
Pertanto l’AC dovra’ poter contare non solo su formatori-catechisti, capaci di aiutare gli aderenti a maturare la  fede,  dovra’ preparare con particolare cura gli evangelizzatori, capaci di suscitare o ri-suscitare la fede nel senso di risvegliarla in chi l’ha abbandonata .

Diocesanita’
“ Da laici avete scelto di vivere per la Chiesa e per la globalita’ della sua misione, “dedicati”  con llgame diretto e organico alla comunita’ diocesana”, per far scoprire a tutti il valore di una fede che si vive in comunione, per fare di ogni comunita’ cristiana una famiglia sollecita di tutti i suoi figli (Giovanni Paolo II 8.9.2003)

Ancora una volta e’ l’ecclesialita’ a determinare il profilo diocesano dell’AC e a distinguerla dai movimenti: e’ chiaro che anche questi, in quanto ecclesiali, sono nella diocesi, ma e’ tipico dell’AC vivere per la diocesi con un legame diretto e organico quale proviene dalla dedicazione alla chiesa particolare,
Giovanni Paolo II agli assistenti ACI ha detto  di “non avere paura di accogliere in parrocchia l’esperienza associativa dell’AC. In essa infatti potranno trovare non solo un valido e motivato sostengo, ma una vicinanza e un’amicizia spirituale, insieme alla ricchezza che proviene dalla condivisione dei doni spirituali di ogni componente della comunita’ (19 febbrario 2003)

         C. Unitarieta’

“Da laici avete scelto di  seguire in forma associata l’ideale eveangelico della santita’ nella Chiesa particolare, in modo da cooperare unitariamente “come corpo organico” alla missione evangelizzatrice di ogni Comunita’ ecclesiale” (GPII 8.9.2003)

Come un albero non e’ una somma di rami, cosi’ l’AC non e’ una somma di settori e movimenti: “l’unitarieta’ e’ una scelta qualificante. Essa significa il superamento della frammentazione della vita asociativa e l’eccessiva rigidita’ dell’articolazione di settori e movimenti; e’ motivata da una coscienza di unita’ e dalla necessita’ di dare migliore visibilita’ all’associazione in quanto tale, … e’ lo stile della nuova AC.

Significa anche “esercizio” di unitarietà nel senso di un contributo alla vita dell’associazione e della comunità cristiana guardando a ciò che unisce, a ciò che aiuta a crescere, a ciò che è positivo per una cultura di comunione con valenze eccesiali e sociali.

        D. La quarta caratteristica dell’AC e’ la laicita’.

Giovanni Paolo II si preoccupa innanzitutto di chiarire che ecclesialita’ e laicita’ non sono in proporzione inversa, ma anzi “ il peculiare legame con i pastori rispetta e promuove la costitutiva caratterizzazione laicale dei soci” e piu’avanti precisa che cosa intende per laicita’” guardare il mondo con gli occhi di Dio” (7). Solo cosi’ i laici di AC potranno essere immersi nel mondo senza venire sommersi dal mondo! Solo uno sguardo con la luce della fede permette alla Chiesa di non estraniarsi dai problemi della vita e della famiglia, della pace e della giustizia, per contribuire in modo decisivo alla costituzione della civilta’ dell’amore.

Due annotazioni vanno operate afferma questo punto: uno riguarda la scelta democratica e l’altra la cosiddetta ‘scelta religiosa’ .

Riguardo alla scelta democratica
In quanto associazione l’AC e’ regolata da norme statutarie e da regole che ne disciplinano la vita, le scelte, gli organismi di partecipazione, i momenti elettivi. E’ questa una scelta di grande maturita’ e di alta responsabilita’, è il segno e lo strumento di una vera e profonda comunione. Infatti comunione e democrazia sono come l’anima e il corpo: come non vive un’anima senza un corpo e viceversa, cosi’ una democracia senza comunione sarebbe come una struttura senz’anima, un corpo morto, un cadavere.
Percio’ e’ importante che comunione e democrazia non vengano viste in proporzione inversa, ma che tutti i soci siano educati e aiutati ad essere uniti a priori sull’essenziale ma anche capaci di convergere sull’opinabile. (cf NMI 45)

Riguardo alla scelta religiosa
un’AC a servizio dell’uomo, un’AC che guarda al mondo senza una scelta di campo, per guardare  a tutti con simpatia, con amore, con stile evangelico)
occorre ricordare che essa e’ una scelta di prospettiva e stile concreto: infatti l’AC non sceglie ne’ un settore della Chiesa (per esempio la catechesi o la carita’), ne’ un ambito del vivere civile: Giovanni Paolo II nel suo ultimo messaggio ripropone all’AC “i luoghi del lavoro e della scuola, della sanita’ e del tempo libero, della cultura, dell’economia e della política” (7, GPII 8.9.2003).
Nell’incarnarsi in questi scenari, l’AC sceglie la via della sintesi, cercando di superare sia il rischio del secolarismo che riduce la fede a fatto puramente interiore, del tutto irrilevante nella costruzione della citta’ dell’uomo, sia il rischio dll’integrismo che non rispetta la legittima autonomia delle relata’ terrestri.

Insomma all’AC e’ chiesto di testimoniare “la fiducia nella forza rinnovatrice e trasformatrice del cristianesimo” in modo da “incidere efficacemente nella societa’ civile, per la costruzione della casa comune, nel segno della dignita’ e della vocazione dell’uomo.

3.3. La condizione indispensabile: la formazione

La formazione e’ il cuore dell’AC e l’anima del suo impegno missionario.
La formazione  in AC e’ il momento e il luogo in cui insieme si ascolta la vita e si interroga la fede. Occorre che ci domandiamo se veramente abbiamo attenzione a ciascuna persona e al suo cammino di vita cristiana e la disponibilita’ ad assumerne le domande.
All’interno del grande compito della chiesa – annunciare la verita’, l’AC si incarica soprattutto di accompagnare i percorsi personali verso la Verita’ a partire dalla vita; di assumere le domande dei credenti piu’ in difficolta’, quelli che insieme al desiderio della fede portano anche tanti dubbi e incertezze.
La formazione dell’AC perde molte possibilita’ se assomiglia piu’ a quello della scuola che a quello della famiglia, dove il cammino di crescita avviene attraverso l’accompagnamento personale, il calore delle relazioni e il dialogo tra le generazioni…

La formazione dell’AC e’ esperienza aperta e ospitale verso quanti vogliono condividere fede, cultura, stili, proposte

 CONCLUSIONE: il servizio del FIAC

“Proprio perché la Chiesa ha bisogno di un’AC viva, forte e bella, mi piace ripetere a ciascuno di voi: Duc in altum!
AC abbi il coraggio del futuro … AC sii nel mondo presenza profetica…
AC abbi l’umile audacia di fissare il tuo sguardo su Gesù…”

Sono ormai diventate patrimonio comune di tutte le AC queste parole incoraggianti di Giovanni Paolo II all’inizio del III Millennio.

Ci auguriamo che l’AC segua la via evangelica dell’incarnazione, dell’inculturazione per dare a tanti laici la gioia dell’incontro con Cristo sulle vie della santità, con quella pedagogia della santità cui ci richiama la NMI “capace di adattarsi alle singole persone”(31)

A questo può servire il FIAC, e ringraziamo il Signore di questi momenti di incontro che ci permettono innanzitutto di ritrovarci  insieme: è un segno della chiesa comunione missionaria e poi di verificare comuni criteri di riferimento per  le scelte che operiamo nelle nostre realtà con i progetti, le proposte, le priorità,  in modo che  i tratti del volto dell’AC emergano e la rendano viva, forte e bella:  per chi partecipa e per chi la incontra.

Primato dello spirito, formazione, missione, responsabili, assistenti, adulti, giovani, famiglie, ragazzi, poveri, itinerari personali e di gruppo, metodologie e ambiti di intervento…
Queste e altre parole che ascolteremo attraverso le vostre esperienze ci aiuteranno a incontrare tutti coloro che qui rappresentate, con i quali lavorate, a condividere fatiche e soddisfazioni, incertezze e segnali positivi, con il ricco bagaglio di magistero e di esperienza siamo in cammino in tante realtà diverse e vorremmo via via in un numero sempre più grande di diocesi del mondo

Chiediamo al Signore di sostenerci perché insieme possiamo aprire il cammino a tanti altri, nelle vostre diocesi, nei vostri paesi, a cominciare dal Perù, da questa Chiesa che ci ospita e che amiamo.

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Come ho avuto modo di leggere in una relazione che il Cardinale Pironio tenne alla II assemblea del FIAC a Vienna, ripeto anch’io a voi – concludendo le sue parole – piene di affetto e di fiducia nell’AC.
Egli  la conobbe in Argentina dove ne fu Assistente,  la promosse a Roma come  Presidente del PCL – e come FIAC lo dobbiamo ringraziare in modo speciale,  la ricorda nel suo testamento: “ ho amato molto l’Azione cattolica” –

“ Il mondo attende uomini e donne nuovi – immersi nel quotidano, con una profonda esperienza di Dio – che annuncino esplicitamente la buona notizia con l’audacia profetica dello Spirito. Però che lo facciano organicamente,  come espressione di una Chiesa comunione, fortemente impegnata nella costruzione di una società fraterna e solidale. … Il cammino dell’AC coincide con il cammino di Maria: cammino di fedeltà e di servizio, di silenzio contemplativo e di croce, di gioia e di speranza. E’ sempre il cammino fecondo del Fiat e del Magnificat. Di rendimento di grazia e di donazione totale e generosa.
Ci  accompagni sempre Maria con la gioiosa disponibilità dei discepoli, con l’ardore dei testimoni, con la serena forza dei martiri”.

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S.E. Mons. Francesco LAMBIASI
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