Intervento Matteo Truffelli – Via Crucis donne crocifisse Roma, 26 febbraio 2016 – Partecipazione Azione Cattolica Italiana con Comunità Giovanni XXIII che promuove e altre aggregazioni
Papa Francesco Angelus 22.2.2016
Un pensiero particolare rivolgo alla Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata dal Servo di Dio Don Oreste Benzi, che venerdì prossimo promuoverà per le strade del centro di Roma una “Via crucis” di solidarietà e di preghiera per le donne vittime della tratta.
Matteo Truffelli
Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana
Intervento nel corso della Via Crucis vivente di solidarietà e preghiera in favore delle giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenze – “Per le donne crocefisse” Promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII
Roma, 26 febbraio 2016
(Ultima stazione: commento al brano evangelico di Matteo 27, 57-61)
Le donne che giungono per prime al Sepolcro sono le stesse che avevano guardato il Signore crocefisso stando ai suoi piedi, sotto la Croce. Sono le donne che avevano voluto essere vicine a lui nel momento della sofferenza, accarezzarne la carne ferita, ascoltarne le ultime parole.
Allora forse possiamo chiederci noi oggi: se guardiamo le donne crocefisse vittime della tratta, cosa vedono i nostri occhi? Se proviamo a farci vicini alla loro sofferenza cosa sentono i nostri cuori? Se sfioriamo la loro carne ferita ci accorgiamo di chi abbiamo davanti a noi?
Siamo capaci di aprire gli occhi e spalancare il nostro cuore per vedere in loro Gesù, il Signore, che viene crocefisso per noi? Siamo capaci di vedere il Risorto?
Forse no. Forse non sempre. Forse dobbiamo imparare, come i discepoli di Emmaus, ad ascoltare il cuore che arde nel nostro petto per scoprire che sono loro, le vittime della crudeltà dell’uomo, le schiave incatenate dal nostro egoismo, che ci mostrano il volto di Cristo, che ci possono far capire veramente perché, per chi il Signore è venuto.
Impariamo ad aprire gli occhi per accorgerci che egli è lì, davanti a noi, nel volto di quelle donne, nella carne di quelle donne, nei loro occhi che implorano la possibilità di una vita nuova, di una vita felice, di una vita degna.
La loro carne umiliata, ferita, scartata, violata, è la carne del Signore crocefisso.
È la carne di chi vorremmo rendere solo carne, per poterci dimenticare che con loro stiamo crocefiggendo, ancora, anche oggi, Gesù.
Nelle loro ferite possiamo toccare la ferita inferta dal centurione, nelle loro umiliazioni lo scherno di chi chiedeva al Salvatore di scendere dalla Croce per salvare se stesso.
Nel loro dolore e nella loro solitudine il cuore pesante di Gesù nel Getsemani.
Se ci mettiamo in ascolto della vita di queste donne non possiamo allora non sentire le parole del Signore crocefisso che ci chiede di chinarci su di lui per incontrarlo nella umiliazione che il nostro egoismo ci fa ignorare, nella sofferenza che la nostra indifferenza non si stanca di sopportare.
Eppure il Sepolcro vuoto, che proprio due donne poterono vedere per prime, ci ricorda che la carne di Gesù crocefisso è la carne del Risorto.
La carne delle donne vittime della nostra ignoranza è allora anche la carne di chi ci dona la speranza. È la carne di chi ci indica la strada per riscattarci dal peccato, di chi ci insegna la misericordia.
La pietra rotolata ci ricorda che non dobbiamo avere paura, che il Signore non è stato “portato via”, come temeva Maria, sconsolata, di fronte al Sepolcro vuoto.
La morte non ha vinto, il peccato non ha vinto. Gesù rimane con noi, e ci precede in Galilea, nel luogo e nel tempo della vita quotidiana. La vittoria della vita sulla morte, sul peccato, sulla pochezza del cuore degli uomini, sul loro egoismo, sull’ingiustizia, sul dolore, non è rimandata a un altrove, non è una sbiadita promessa, buona per consolare chi è nella sofferenza.
Negli occhi delle donne vittime della tratta non vediamo allora solo l’abisso del cuore malato dell’uomo che ne fa delle schiave: vediamo la luce della resurrezione, la bellezza, e la forza, di chi è amato con particolare amore dal Signore, proprio come il povero, il malato, il perseguitato.
È da loro che possiamo imparare, davvero, che ciascuno è amato dal Signore, che ciascuno può rinascere a vita nuova. Che la misericordia di Dio non ha confini, non ha prezzi da pagare, non ha condizioni.
Sono le donne rese schiave per colpa nostra, allora, che ci possono salvare. Che ci possono insegnare cosa vuol dire sentire le piaghe del Signore sulla propria carne, cosa vuol dire perdonare.
Sono loro le donne che ci possono mostrare il Sepolcro vuoto.
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